La comparsa di un dolore toracico, associato o meno a sudorazione fredda ed abbondante, con debolezza ed affanno deve portare immediatamente l’individuo a contattare il
118 per l’ambulanza oppure a farsi portare all’ospedale più vicino.
Assolutamente non bisogna rischiare di guidare l’automobile.
Un dolore breve, una fitta o un dolore che cambia con i movimenti e con gli atti del respiro di solito non è sintomo di infarto.
Il ricovero in una Unità Coronarica, il monitoraggio continuo di alcuni parametri, e l’instaurarsi di una adeguata terapia, è il normale iter nella fase acuta.
Le Unità Coronariche sono nate per offrire agli individui colpiti da infarto del miocardio il trattamento più adeguato per questa grave malattia e per le sue complicanze.
Superata la fase acuta (in media 48 ore), si devono programmare una serie di accertamenti per valutare il rischio ischemico ed aritmico, conseguenza dell’infarto.
In base all’
ecocardiogramma, al
test da sforzo e all’Holter, si potrà avere un quadro più preciso della situazione creatasi e procedere ad un intervento mirato, che potrà anche portare ad esami come la
coronarografia ed eventualmente ad
angioplastica coronarica o
bypass aortocoronarico.
Molto importante nella fase post-ricovero è trovare il sostegno adeguato dei famigliari ed amici, e prendere coscienza, con l’aiuto del cardiologo, del proprio stato di salute e delle proprie potenzialità.
E’ noto da tempo che la depressione ed uno scarso supporto sociale aumentano il rischio di mortalità nel primo anno post infarto, a prescindere dalle condizioni cliniche.
Il controllo dei fattori di rischio, di cui mai troppo si sottolinea l’importanza, un buon rispetto delle prescrizioni dei farmaci, una riduzione degli eventi stressanti ed un valido controllo cardiologico periodico portano l’individuo colpito da infarto al ritorno con soddisfazione ad una vita normale, anche lavorativa.